giovedì 26 agosto 2010

Monte Rosa - Punta Gnifetti 4.559m - Rifugio Capanna Margherita

Data escursione: 25/26 Agosto 2010
Quota partenza (m.): 3.275 (Arrivo Impianti Punta Indren)
Quota arrivo (m.): 4.559
Dislivello complessivo (m.): 1.285
Durata : 1h 15m (fino a Capanna Gnifetti) - 3h 35m (da Capanna Gnifetti a Capanna Margherita)
Difficoltà: F+ (alpinistica)
Esposizione: Sud
Località partenza: Loc. Staffal - Gressoney -Aosta (Valle d'Aosta)
Partecipanti: Io, Fiorita e Ivana

Lo scorso anno alla presentazione del libro “E’ la montagna che chiama” ebbi modo di parlare a tu per tu con il suo autore, Walter Nones, il formidabile scalatore sopravvissuto alla tragedia sul Nanga Parabat nel Luglio 2008, e tra le tante cose mi disse:
”…i sogni nel cassetto sono una gran bella cosa, ma ogni tanto quel cassetto va aperto e i sogni vanno realizzati…”
Da allora questa frase mi gira in testa e quest’anno mi sono finalmente deciso ad aprire il mio cassetto dei sogni e tirarne fuori uno.
Dopo tanti anni voglio salire il mio primo 4.000 o meglio salire sul Monte Rosa ai 4.559m della Punta Gnifetti (la quarta cima più alta del Monte Rosa dopo la Dufour, Nordend e Zumstein) dove si trova il Rifugio Capanna Margherita ovvero il più alto rifugio d’Europa.


Per non arrivare impreparato a questo impegno così importante, mi sono messo di impegno fin da inizio anno. Ho cominciato a correre costantemente, ho perso 6kg. Ed ho camminato molto spesso in montagna a quote comprese tra i 2.000m e i 3.000m per abituarmi alla quota che rimaneva per me l’unico dubbio su come avrebbe reagito il mio fisico a quote tanto elevate; è vero non parliamo di 8.000m ma tenendo presente che il mal di montagna può insorgere anche sopra i 3.000m, non era un fattore da tralasciare.


E finalmente eccoci arrivati ad oggi.
Sono le 10.30 di una meravigliosa giornata di fine agosto e sono appena arrivato a Staffal – Gressoney e tutto è pronto per l’avventura. Con me ci saranno oltre alla guida Stefano che ci raggiungerà più tardi anche la mia amica Fiorita con la sua amica Ivana che di 4.000 ne hanno già all’attivo 2. Dopo aver noleggiato ramponi e piccozza ed acquistato il biglietto per la funivia mangiamo qualcosa prima di partire. Visto che gli impianti chiudono alle 12.45 e riaprono alle 14.00 ne approfittiamo per prendere un po’ di sole e stemperare la tensione prima di salire.

Alle 14.30 siamo in partenza per Punta Indren dove verso le 16.30 ci incontreremo con la guida Stefano. E’ vero siamo in anticipo ma ne approfitteremo per permanere un po’ di più in quota…sperando che serva.

Alle 15.00 siamo ai 3.275m dell’arrivo degli impianti di Punta Indrem. Abbiamo 1h30’ di tempo prima dell’arrivo della guida e lo passiamo a fotografare il panorama ed a osservare le centinaia di alpinisti che si avvicendano sul ghiacciaio.
C’è chi sale verso i rifugi Mantova e Gnifetti con zaini carichi, oltre che di materiale, di speranze , sogni e aspettative e c’è chi scende con il volto segnato dalla fatica ma con negli occhi la luce di chi ce l’ha fatta. Di chi ha raggiunto la propria meta e torna a casa ritemprato nello spirito anche se spossato nel fisico.


Sono le 16.30 e in perfetto orario è arrivato Stefano De Luca, la nostra guida che ci accompagnerà in questi due giorni fino ai 4.559m del Rifugio Capanna Margherita.
Indossiamo l’imbrago che ci servirà per assicurarci nel tratto più esposto di salita al rifugio Gnifetti mentre piccozza e ramponi rimangono nello zaino visto che in questo tratto e a quest’ora il ghiacciaio si presenta come un enorme acquitrino.
Procediamo dunque sulla visibile traccia che attraversa il ghiacciaio verso sx in direzione della prima bastionata rocciosa che vista da qui sembra insormontabile…ma non lo è infatti quando siamo ai suoi piedi ecco intravedersi una ripida traccia attrezzata a corde fisse che la risale.


In questo tratto per sicurezza ci leghiamo in cordata e procediamo con cautela.
Sinceramente non è piu’ difficile di molte ferrate che già abbiamo affrontato anche se fare questa con circa 12kg. di zaino sulle spalle qualche incertezza in più la comporta.


Arrivati alla fine della risalita della bastionata ci ritroviamo ad essere circa un 50m sopra al rifugio Mantova. Di fronte a noi l’ultima lingua del ghiacciaio del Lys e più sopra abbarbicato su una seconda bastionata rocciosa il rifugio Capanna Gnifetti.
La guida reputa che si possa attraversare il ghiacciaio anche senza ramponi ma utilizziamo comunque la piccozza per sicurezza anche perché si è alzato un forte vento che spazza il ghiacciaio e che a volte rischia di farci cadere.
Seguiamo la traccia sul ghiacciaio fin sotto al rifugio dove parte una breve ma ripida ferrata che ci porta direttamente sulla balconata in legno.


Ci siamo, eccoci ai 3.647m al Rifugio Capanna Gnifetti dove passeremo la notte per acclimatarci prima di salire ai 4.554m del Rifugio Capanna Margherita.
Dalla terrazza la vista è incantevole.
Si vede il Monviso che si erge dalla pianura verso Cuneo, le vette della Valle di Susa con il Rocciamelone e lo Chaberton su tutte, i ghiacciai francesi Des Ecrins, e tutte le vette valdostane. Il Gran Paradiso, la Grivola, il Ruitor fino al Monte Bianco appena incappucciato dalle nuvole.

Faccio alcune foto di rito e poi, tolti gli scarponi come “sempre” si fa in rifugio, ci accomodiamo nella camera nr.5 a noi assegnata.
La stanza è arredata con due letti a castello con materasso, cuscino e doppie coperte, mensole per riporre oggetti personali, sedia, attaccapanni, filo da stendere e riscaldamento.
Non possiamo chiedere di meglio. Ci sono anche due finestre strette e lunghe che affacciano sul tetto proprio di fronte alle “’preghiere tibetane” e alla vallata di Gressoney. Al fondo della stanza dove il tetto è spiovente si apre anche un “loculo” ovvero un posto letto dove si sistema la guida. Mi sembra decisamente angusto e gli propongo di rimanere nella stanza visto che avanza un posto letto ma lui preferisce infilarsi là dentro dove dice di trovarsi meglio ed effettivamente lì può isolarsi dai nostri eventuali russamenti notturni.
Abbiamo tempo fino alle 20.00 per il secondo turno della cena quindi sistemiamo gli zaini per l’indomani, prepariamo il letto per la notte e dopo aver perlustrato il rifugio in lungo ed in largo ci riposiamo un po’ prima di cena.
Alle 20.00 scendiamo al secondo piano per la cena. Al secondo turno c’è decisamente meno gente del primo ma la sala è ancora parzialmente piena di alpinisti che stanno ancora cenando. Siamo in tanti…italiani di ogni regione e altrettanti stranieri. C’è uno splendido melting-pot di razze, lingue e dialetti. La cena è ottima e abbondante e il personale del rifugio è decisamente cordiale, affabile e professionale al tempo stesso. E’ un vero piacere avere a che fare con persone del genere pronte a farti sentire a casa anche a 3.600m di altezza e senza averti mai conosciuto. Proprio per questo noi tutti dobbiamo comportarci civilmente appezzando ed avendo rispetto del lavoro che loro svolgono…e questo purtroppo non sempre accade.

Nota sul Rifugio Gnifetti: A dispetto di molte relazioni che ho letto prima della partenza dove veniva descritto come il Pollaio d'Italia, io devo dire invece che l'ho trovato decisamente confortevole, abbastanza ampio rapportato alla numerosa presente e con una cucina ottima. Unico appunto che forse si può fare è sui bagni freddi e poco profumati e sul problema acqua che non c'è perchè derivante dal ghiacciaio, ma vorrei ricordare a tutti che siamo sempre in un rifugio e per di più a 3.600m !!!
Io mi sono trovato molto bene. Complimenti a tutti i ragazzi della gestione.
Durante la cena abbiamo poi una splendida sorpresa: in mezzo a noi c’è niente di meno che Silvio “Gnaro” Mondinelli. Alpinista di fama mondiale, nonché grande guida alpina e persona splendida, che dopo cena ci regala la visione di un suo filmato nonché di preziosi consigli sulla sicurezza in montagna, sulle regole base di progressione in cordata e su cosa deve esserci in uno zaino (cosa che sembra banale ma che così non lo è).


Alle 22.00 sono sotto le coperte e mi attende una lunga notte fino alla sveglia delle 4.00 di domani. Faccio fatica a prendere sonno. Non so se è la quota oppure l’ansia che mi prende ogni volta prima di un evento importante, fatto sta che mi giro e mi rigiro nel saccoletto senza chiudere occhio. Ad un certo punto si alza il vento e la Capanna, perché sempre di capanna di legno si tratta anche se ha 170 posti letto, comincia a scricchiolare e muoversi come un galeone in mezzo alla tempesta. Porte che sbattono e vento che si infila tra le pareti di legno non aiutano il sonno…o forse è la quota che mi fa questi brutti scherzi e magari me ne sto dormendo della grossa.

Alle 4.00 suona la sveglia. Sono stravolto, non ho dormito nulla e ora ci si mette anche una leggera nausea e mal di testa…è senza dubbio la quota. Mi alzo e cerco di lavarmi la faccia con le poche gocce di acqua che i rubinetti rilasciano (qui l’acqua è di scioglimento del ghiacciaio ed evidentemente a quest’ora non si scioglie nulla) e con l’aria fresca del mattino già mi sento meglio. Una bella colazione e un’aspirina e sono a posto. Sistemiamo la camera, prepariamo gli zaini e ci vestiamo.
Pantaloni da alpinismo, primo strato poi doppio pile leggero e softshell, imbrago, ramponi e piccozza, zaino in spalla, cappello e pila frontale e siamo gia fuori dal rifugio pronti a legarci in cordata. Stefano la guida in testa, poi Ivana e Fiorita e io a chiudere il gruppo.


Alle 5.30 siamo in partenza. La temperatura è sui -3/ -4, non fa freddo anche se le folate di vento che a tratti spazzano il ghiacciaio si fanno sentire. Siamo tra le prime cordate a partire e mentre noi siamo sul primo tratto della traccia subito dietro al rifugio alcune cordate stanno già salendo sul ripido tratto che sale al Colle Vincent. Vedo le loro frontali e mi chiedo come faremo a salire lassù…mi sembra ripidissimo…poi passo dopo passo ecco che ci siamo anche noi…mi volto e vedo nel buio totale le fioche luci del rifugio, ormai molto più in basso, che vanno scomparendo. Attraversiamo alcuni crepacci anche molto profondi ma i ponti di neve a quest’ora sono ancora molto stabili, anche se dove riesco io cerco di scavalcarli con un balzo.


Alle 6.30 siamo al Colle Vincent. Ci fermiamo per una brevissima sosta.


Due bicchieri di the caldo, uno sguardo al panorama e alla bella Piramide Vincent, alcune foto e già siamo in cammino. Da lì a poco passiamo di fianco al Cristo delle Vette dove si scorge anche un piccolo bivacco e via sempre in salita.


Sono le 7.30 e siamo al Colle del Lys. Possiamo spegnere le frontali, le nuvole si stanno diradando e tra una e l’altra ecco che in lontananza compare la Cima Gnifetti con la Capanna Margherita. E’ lontanissima…sicuri che dobbiamo arrivare fin là ?
Facciamo una pausa per scaldarci con un the e mangiare una barretta e nel frattempo ci guardiamo attorno.


C’è la spaventosa parete nord del Lyskam affilata e verticale giù fino a Zermatt e c’è l’inconfondibile sagoma del Cervino triangolare e appuntito come la guglia di una cattedrale. Qui al colle il vento si fa sentire e visto che ora ci aspetta un lungo traverso fino all’ultimo strappo verso la cima mi metto i guanti più pesanti, crema in viso e gli occhiali perché il riverbero sulla neve comincia a farsi sentire.
Ecco qui l'ombra della cima Gnifetti con la Capanna Margherita che si staglia sui Lyskam.

Da qui si perdono circa 150/200 metri di quota in questo lungo traverso verso la punta Gnifetti. Sulla nostra dx vediamo la punta Parrot con alcuni alpinisti che la stanno risalendo, mentre noi passiamo sotto l’enorme crepacciata che ci sovrasta come un grosso palazzo in bilico.
Il traverso è finito, ora si comincia nuovamente a salire verso sx fino al colle Gnifetti, abbiamo di fronte la cima Zunstein e sopra di noi imponente si staglia la nostra meta. Il sole che sorge dalla vallata di Alagna fa risaltare ancora meglio la Capanna Margherita aggrappata con tutte le sue forze sulla sottile cima Gnifetti.


Siamo all’ultimo strappo finale. La piramide è ripida e con due traversi ci porterà in cima. La traccia è sottile quindi lasciamo i bastoncini e con la piccozza ben salda saliamo la traccia. Passo dopo passo la vetta si avvicina e le emozioni che mi si scatenano dentro sono contrastanti.
Vorrei piangere, poi mi viene da ridere, il fiato è più corto ma non me ne accorgo.
Vorrei correre ma non posso…devo mantenere il passo della cordata…allora penso, sogno ad occhi aperti…sono in cima…sono a 4.559m.

Filmo con la fotocamera gli ultimi metri della salita e la mia voce tradisce i miei sentimenti.

Sono in vetta.

Stefano si complimenta con noi. Aveva previsto 4,5/5 ore mentre noi in 3h35’ siamo già in vetta.

Sono le 9.05, il sole è ormai alto ed io sono lì con lui.

Ora entriamo nel rifugio anche perchè il posto fuori è minimo e sta arrivando un elicottero che scaricherà dell'attrezzatura scentifica. Ci togliamo quindi zaino e ramponi e mangiamo qualcosa. E cosa se non una bella pizza margherita…ebbene si qui i fantastici gestori sfornano teglie di fumante e buona pizza Margherita…la pizza più alta d’Europa…e forse anche del mondo.


Scatto alcune foto di rito all’interno e all’esterno dalla mozzafiato balconata a strapiombo nel vuoto sulla vallata di Alagna.


Si vede l’ affilata e impressionate cresta Signal, una via di salita alla Margherita “decisamente” più difficoltosa con passaggi fino al 4°.


Mentre siamo sulla balconata arriva ancora l’elicottero che porta i materiali visto che qui c’è un Osservatorio astronomico ed un centro di medicina che studia gli effetti della quota sull’organismo umano.
Dopo quasi un’ora in vetta decidiamo di scendere. Da sopra vediamo ancora molte cordate che stanno salendo. Alcune addirittura sono ancora al Colle del Lys.


Ora il sole è caldo, alto ed il cielo terso. Mentre scendiamo vediamo panorami indimenticabili su tutto l’arco alpino.

Alle 12.30 siamo al rifugio Mantova dove ci gustiamo una meritata pasta prima di affrontare gli ultimi 40’ di terribile sentiero su di una pietraia fino agli impianti di Punta Indren.
Prendiamo la funivia e raggiungiamo il Passo dei Salati. Qui salutiamo Stefano, la nostra fida guida, che ci ha accompagnato in questi due giorni e ci ha insegnato parecchie cose. Lui scende verso la valle di Alagna mentre noi torniamo a Staffal.

Eccoci nuovamente a Staffal. Sono passate poco più di 24 ore ma abbiamo la mente piena di tanti ricordi che sembra sia passata una settimana.
I tanti turisti che affollano la partenza degli impianti ci guardano scendere dagli ovetti con gli zaini carichi, con i ramponi e le piccozze e nei loro occhi vedo la stessa curiosità ed invidia che io stesso ebbi circa 3 anni fa quando venni qui per la prima volta dopo aver fatto la Ferrata delle Guide. Guardavo i vari alpinisti con tanta ammirazione e invidia per le esperienze che avevano vissuto su quelle montagne e mi chiedevo quando un giorno anche io avrei potuto essere nei loro panni.
Ora ci sono, mi ci sono voluti 38 anni per salire il mio primo 4.000m ma ora non voglio più scendere…

Buone montagne a tutti.

mercoledì 25 agosto 2010



" Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell'avere nuovi occhi."
(Francois Voltaire
)


giovedì 19 agosto 2010

Canyoning in Valle Arroscia

Data escursione: 19 Agosto 2010
Località: Ponti di Pornassio (IM) - Valle Arroscia (Liguria)
Partecipanti: Io & Silvia

Quest’anno di comune accordo con Silvia, abbiamo deciso di fare vacanze al mare invece che in montagna. Effettivamente sono andato parecchio in montagna in questo periodo e poi a fine agosto salirò il mio primo 4.000m quindi mi sembrava giusto variare un po’ il panorama.
Peccato però che né io né Silvia evidentemente riusciamo a stare troppo tempo lontano dalla montagna o comunque da qualsivoglia attività che implichino la salita o la discesa di pendii più o meno ripidi.
Questa volta l’idea è stata di Silvia che in un impeto di avventura ha deciso di andare a fare canyoning. Molti di voi si chiederanno cosa sia ed è la stessa cosa che mi chiedevo io prima di averlo fatto.

"Molto semplicemente” si tratta di vestirsi da SUB-ALPINISTI e scendere in vari modi (calate in corda doppia, salti o scivoli) il corso di un torrente più o meno impervio ed impetuoso.
Per sub-alpinisti intendo vestiti con muta 4mm completa di calzari e scarponcini, giubbotto di salvataggio (SUB) e imbrago con doppia longe tipo ferrata, moschettone per assicurazione, discensore e caschetto (ALPINISTA).


Ci troviamo quindi alle 9.00 alla base del Centro Canyoning di Ponti di Pornassio sopra Pieve di Teco (IM) dove incontriamo Uberto, il nostro istruttore, che ci accompagnerà in questa avventura di 4 ore tra uno dei canyon più belli della Liguria di Ponente.
Dopo esserci abbigliati di tutto punto come sopra descritto saliamo sul pulmino che in 30’ ci porta all’inizio del nostro percorso. Uberto ci spiega che lungo il percorso ci saranno numerose calate in corda doppia, alcuni eventuali salti, che chi non vuole potrà scendere in corda doppia, ed alcuni scivoli naturali il tutto collegato da camminate nel greto del fiume e nuotate per attraversare le pozze più profonde.


Dopo aver disceso il ripido versante che porta al fondo della gola Uberto ci invita a fare il battesimo dell’acqua ovvero tastarne la temperatura. Io che patisco decisamente il freddo a piedi e mani non sono per nulla convinto, e si vede dalla faccia, ma tantè…4 ore nell’acqua gelida stavolta non me le leva nessuno.


Quindi bel tuffo nelle gelide acque del torrente e sorpresa delle sorprese la muta tiene di brutto…giusto un leggero brivido ma pensavo peggio…per ora.
Si procede dunque scendendo il torrente. Camminiamo nell’acqua fino alle ginocchia ed in alcuni tratti le pozze sono profonde fino alle spalle. Prendiamo dimestichezza anche con le calzature che hanno una tenuta decisamente ottima anche sui sassi bagnati…attenzione però che basta un leggero velo di alghe o muschio sulle pietre ed in un amen si è col sedere per terra (ed essendoci sassi irregolari sul fondo non è affatto piacevole).

Eccoci arrivati alla prima pozza. Per chi vuole ci si può arrampicare sul bordo del canyon e fare un bel saldo da circa 3m altrimenti si può entrare direttamente camminando. Un bel tuffo con scarica di adrenalina non me lo leva nessuno…evvai.

Ancora 4 passi ed eccoci alla prima calata.


Uberto ci insegna come scendere in corda doppia. Lui per queste prime calate ci assicurerà anche da sopra per ogni evenienza. La calata è di circa 6m.


E’ la prima volta sia per me che per Silvia ma ce la caviamo bene. Peso indietro, gambe perpendicolari alla parete, lasciamo scorrere piano la corda e siamo sul fondo immersi nella pozza. Sganciamo e via con l'avventura.

Altre due calate ed eccoci al mitico salto di ben 9m. Si avete capito bene…9m di salto nel vuoto per tuffarsi in una profonda pozza stretta e lunga.
Uberto ci assicura sulla profondità della pozza ma non ci obbliga a saltare. Chi se la sente salta, altrimenti scende in corda. Non vuole vedere tentennamenti sul bordo del salto perché potremmo scivolare e farci male. Chi vuole saltare si avvicina e si butta subito altrimenti si cala.

Un suo assistente ci fa vedere come si deve saltare. Non bisogna andare fin sul bordo perché la roccia è troppo inclinata e scivolosa, quindi bisogna rimanere circa 1,5m più indietro del baratro e poi con un bel salto lanciarsi nel vuoto.
Veder gli altri farlo sembra facile…ma farlo come sarà?
Ci penso un attimo, il tempo che altri 3 saltino e sono sul sasso…respiro profondo…raccolgo le gambe…tappo il naso e via sono nel vuoto.


Sembra non finire, l’adrenalina sale a mille e sono sott’acqua. Quasi non sento il freddo…riemergo e sono gasatissimo…penso che potrebbero prendermi a schiaffi e non me ne accorgerei...sento l’adrenalina che scorre a fiumi…è stato FANTASTICO.

Silvia decide di non saltare, non se la sente e poi lei ha anche il problema delle lenti a contatto.
Si cala in corda doppia ma non è una bazzecola perché la cascata è alta e vuota sotto quindi la calata prevede un po’ di tecnica. Se la cava bene la ragazza e in un attimo è già arrivata.


Andiamo avanti ancora con altre calate ed altri tuffi meno adrenalinici ma altrettanto belli ed emozionanti. Il sole filtra pochissimo tra le fronde delle betulle sul bordo del canyon e da quaggiù il panorama è davvero particolare. La gola è profonda e stretta e vi crescono varie piante e fiori sulle ripide ed umide pareti. Ci sono libellule dai colori brillanti che vibrano immobili a pelo d’acqua.

Camminiamo ancora verso valle ed ecco che troviamo una splendida pozza di acqua cristallina che si apre ad anfiteatro con varie possibilità di salti da fare.


Qui ci sbizzarriamo e giochiamo un po’ per poi proseguire con la prima serie di scivoli.
I primi sono semplici collegamenti tra varie pozze poi arriva il bello.


Visto da sopra sembra un “normale” scivolo lungo circa 2 metri e che scende più o meno a 45°. Si decide di farlo tutti, anche Silvia. Peccato che dopo i due metri che si vedevano da sopra poi lo scivolo finisce e si precipita a piombo nell’acqua per circa 4m. Bellissimo ed adrenalinico. Forse Silvia la pensa diversamente o per lo meno la sua faccia dice il contrario una volta riemersa dall’acqua.


Oramai ci ha fatto il callo e quindi vai con altri 3 scivoli simili.


Poi una bella calata con sorpresa ovvero appena 2 metri sotto l’inizio della calata la parete della gola sparisce e si apre in una grotta che ti obbliga a calarti in pieno sotto la cascata con gli scrosci dell’acqua sul casco che ti martellano. Come se non bastasse la corda per la calata è stata tenuta dalla guida Uberto, appositamente corta e quindi ecco che la corda finisce e mancano ancora due metri al pelo dell’aqua della pozza. Quindi via le mani dalla presa e bel tuffo indietro a far sfilare la corda dall’imbrago e piombare in acqua.


Per chiudere in bellezza all’ultimo salto di 5m che porta in una pozza decisamente lontana dalla partenza della calata si prepara una teleferica. Ci si aggancia quindi con la longe e con le gambe sollevate ci si lancia nel vuoto per arrivare ad atterrare nella pozza.


Bellissimo. Ancora camminate e scivoli via via più facili fino ad arrivare alla fine dell’itinerario.
Risaliamo il canyon e arriviamo sulla strada e perdendo acqua ad ogni passo ci avviamo ad attraversare la borgata fino all campo base sotto gli occhi curiosi e straniti di villeggianti e paesani.
E’ stata una gran bella esperienza. Non proprio nelle mie passioni soprattutto per l’acqua gelata e per il raffreddore che mi sono preso ma ci siamo veramente divertiti e devo essere sinceri anche stancati.

Mi sono stancato di più a scendere 500m che a salirne 1500m.

Buone montagne, e torrenti, a tutti.